Lo riconobbi subito era il grosso cane danese, che correva verso di me, proiettando un'ombra gigantesca e bizzarra sull'ampio tappeto invernale. Mi parve che tutto il gelo si condensasse nelle mie membra a immobilizzarle in uno spasimo folle di paura. Il grande cane, con lanci spaventosi, fu presto al mio fianco. Ivi giunto, si fermò, guardandomi con i suoi occhi sanguigni. Diedi un urlo e mi cacciai innanzi con una corsa disperata e con l'impressione terrorizzante di quell'alito caldo di bestia dietro di me.
Entrai in casa e chiusi l'uscio con violenza. Più nulla. Fuori, regnava il silenzio. Forse il cane si era stancato ed era tornato indietro.
Il domani, non pensavo più all'incidente. Ma nella notte, tornando a casa per il viottolo consueto, vidi di nuovo il grande danese correre incontro a me, a lanci, a traverso i campi non più coperti di neve, saltando fossi, passando a traverso i rovi e le piante, silenzioso e terribile. E di nuovo mi spinsi in una corsa pazza, minacciando di rovesciare per terra ad ogni tratto, urlando di paura e non osando volgermi indietro a osservare se il nemico mi seguisse.
Da allora, ogni notte, mi vidi venire incontro il cane senza potermi spiegare di dove uscisse e per quale motivo mi perseguitasse con la sua presenza e con i suoi sguardi un po' tristi. A poco a poco mi abituai a lui e finii con l'accettarlo come un compagno impossibile ad evitarsi. Innanzi al cancello della mia villa, la bestia si fermava e, seduta sulle zampe posteriori, mi seguiva con lo sguardo sino al limitare della casa.
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