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      Non pensavo più al cane; ma, nell'uscire, me ne ricordai. Se si presenterà questa notte, dissi fra me, sarà ben ricevuto. Meditavo, infatti, di sbarazzarmene con un colpo di rivoltella.
      Allorchè, tornando a casa verso mezzanotte, mi trovai nella calma solitudine della campagna, volsi lo sguardo attorno paurosamente.
      Nessuna traccia della bestia. Forse la mia assenza l'aveva stancata. Giunsi alla villa senza averla incontrata; tuttavia, temevo ancora. Aprii l'uscio. Il servitore mi venne incontro, affannato, con una lampada in mano:
      - Padrone, il bambino sta male. Si è voluto alzare; e ora è agitatissimo.
      Corsi su per le scale, fino alla camera della creaturina. Spalancai la porta. La stanza era illuminata appena da una fiamma di candela. Guardai il letticino; era vuoto. Feci un passo innanzi, ansiosissimo, interrogando l'ombra. A un tratto balzò innanzi a me, nel cerchio breve di luce, il corpo voluminoso del cane danese. Un orribile spasimo mi scosse le membra. Pensai, non so, ch'esso mi avesse ucciso il bimbo e si tenesse lì, pronto a saltarmi alla gola. Presi convulso la rivoltella e feci fuoco contro quegli occhi sanguigni, rapidamente. Tre colpi suonarono per la stanza. Quando il bagliore e il fumo scomparvero, vidi sul pavimento, disteso, il corpicino del mio figliuolo in una gran pozza nera. Aveva il viso pallido; dal collo e dal petto gli usciva ancora, a getti, il sangue. Mi gettai, urlando, sul corpicino della mia creatura. Da lontano mi parve che un latrato indistinto rispondesse alle mie grida disperate.


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Ombre di Lanterna
di Pierangelo Baratono
1909 pagine 254