Il libero arbitrio
Io sono un uomo prudente, un vero ragionatore. La ragione, ecco il cardine della vita. Al diavolo tutti gli scapestrati, teste matte, cervelli a zonzo, che impazzano per le strade, turbando il riposo degli uomini nutriti di filosofia e alterando la logica delle cose: al diavolo quanti, poeti, esteti, romantici e che so io, passano il loro tempo seguendo le vuote e inutili fantasticherie di quella vuota ed inutile cosa, ch'essi chiamano immaginazione, e magari, tanto per cambiare e gettar polvere negli occhi ai gonzi, si buttano a capofitto nelle imprese più arrischiate, senza aver prima ponderato e preparato il loro piano e stabilita rigorosamente una linea di condotta salda e ragionevole. Io me ne sto alla finestra della mia camera, con la mia bella pipa di schiuma fra le labbra e mi rido di tutti costoro, poiché, per chi nol sapesse e non l'avesse ancora compreso, io sono il tipo ragionatore per eccellenza e non mi lascio sviare dalle mosche, che ronzano per l'aria intorno al mio naso. Il ragionamento, ecco la linea che separa gli uomini dalle scimmie, alle quali qualche cervellaccio disutile, qualche buontempone a spasso, lasciatemi ridere, ha voluto paragonarli.
Ho affermato che sono prudente e metodico. Ora, è appunto per questa facoltà straordinaria di metodo e di ragionamento che non posso concepire le asserzioni di certi scapati. Ciò, che specialmente mi fa rabbia, si è l'ipotesi di quattro scienziati per chiasso, che hanno sostenuto a sangue freddo, con un'audacia che rasenta il cinismo più ributtante, esser l'uomo una macchina nelle mani degli avvenimenti.
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