Ma che macchina! Ma che destino! Come posso concepire alcunchè di superiore alla volontà mia, al mio metodo! Guardate; solo il ricordo di una così grottesca teoria mi muove il diaframma alla risata e mi fa luccicare negli occhi un allegrissimo pianto.
L'unico dolore della mia esistenza si è appunto di sapere che esiste qualcuno, in qualche cantuccio del mondo, pronto a sostenermi in faccia la dipendenza mia e del mio metodo da forze ignote e invisibili. Per fortuna con l'esperienza e a forza di meditazioni ho potuto trovare conforto alla mia afflizione e scoprire la causa di quella falsa credenza, causa riposta semplicemente nel disprezzo, che gli uomini nutrono in generale pel metodo e per quanto sa di ragionamento. Essi difendono la debolezza di pensiero con la teoria dell'irresponsabilità e coprono con la maschera del destino la loro incurabile deficienza.
Se c'è ancora qualche povero illuso restìo ad accettare le mie opinioni, mi ascolti: gli narrerò qualche episodio della mia esistenza, che gli proverà come il vero metodo sia superiore ad ogni avvenimento.
Un giorno ebbi un duello. Dopo aver pesato il prò e il contro della questione, mi accorsi che non esisteva per il mio imbroglio una via d'uscita meno illogica dello scontro. Perciò, piegai il capo e dimenticai per un momento la mia irreduttibilità di filosofo. Ci trovammo, padrini e avversari, in un angolo di bosco. Dopo averci posta nelle mani una pistola, tutti si allontanarono lasciando noi due di fronte l'uno all'altro.
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