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      Ed i due nuovi eletti in quella tumultuaria adunanza notturna per implorare mercè al vincitore di Dego, di Millesimo e del ponte di Lodi, furono Francesco Battagia e Nicolò Erizzo I. Essi partirono sùbito alla volta del campo francese sotto Verona, recando seco "40 risme di carta di buona qualità, 12 risme di carta piccola da lettere lattesina, 2000 penne, 3000 bolini grandi ed altrettanti piccioli, 36 libbre di cera Spagna, un barilotto di inchiostro, 6000 fogli di carta imperiale, registri, spaghi e spaghetti in grande quantità"(6). La burocrazia aulica della Serenissima, in difetto di soldati e di armi, così provvedeva alla difesa delle sue città murate e del suo territorio.
      A quel tempo, l'esercito veneto si era oramai consunto per vecchiezza. I lunghi e sfibranti periodi di pace e di neutralità in cui l'inazione suonava colpa e l'assenteismo politico della Repubblica, prolungata offesa alla dignità del vecchio e glorioso Stato italico, l'abbandono, lo scadimento d'ogni istituto, lo scetticismo e l'indifferenza, avevano siffattamente prostrata la milizia veneziana da imprimere sul suo volto, un tempo già gagliardo e raggiante per le vittorie d'Italia e d'Oriente, le rughe più squallide della decrepitezza ed il marchio più profondo della dissoluzione.
      La bella e radiosa visione del monumento a Bartolomeo Colleoni, fiera ed energica come il suggello di una volontà prepotente, stupenda come l'annunzio di una vittoria pressochè astratta dall'ordine dei tempi, grado a grado si era dileguata nell'esercito della Serenissima, come svanisce un sogno carezzato alla luce di una triste realtà.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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