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      La tolleranza dei pubblici uffizi, il benessere diffuso, il vezzo delle neutralità ripetute invariabilmente allo aprirsi di ciascuna campagna, a partire dalla sciagurata pace di Bologna (1530), invogliarono le genti già disamorate delle armi a colorire codeste teorie di liberismo militare con le tinte più accese dell'arte tizianesca. E la presunzione, oppure la consuetudine, per l'ignavia degli uomini e per la debolezza dei tempi acquistò alla fine vigore di legge. La Repubblica, ricca ed imbelle, poteva ben concedersi anche il lusso di comperare i soldati di cui abbisognava per la difesa de' propri domini.
      Principiò così a diffondersi la costumanza delle tasse militari, o tanse, cioè del prezzo di riscatto dal servizio dovuto nelle cerne, con il cui prodotto componevasi un fondo destinato ad assoldare altrettanti mercenari. Gli artieri ne approfittarono subito, poi i barcaiuoli veneziani e gli ascritti alle scuole di Santa Barbara, da cui levavansi i cannonieri dell'esercito della Serenissima. E le tanse acquistarono fin d'allora la denominazione di insensibili, perchè essendo ripartite per arte su tutte le persona che le componevano, ne venivano a risultare delle quote d'affrancazione individuale dal servizio molto tenui; vale a dire quasi insensibili.
      Cresciuto il favore delle tanse, crebbe in parallelo la corrività delle cassazioni, cioè delle esonerazioni tra le cerne, e divenne facile l'esimersi dal servizio facendosi sostituire per denaro da un altro soldato tratto dalla medesima milizia.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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