Ora la macchina statale veneta della decadenza era complicata e rugginosa, epperciò assai pigra e poco produttiva. Aveva addentellati con molteplici sopravvivenze feudali, intrecci con privilegi oligarchici, vincoli con un proteiforme organismo amministrativo burocratico e cancelleresco onusto d'impiegati; sì che tutto impaludava nello apparecchio e nelle forme e poco o nulla rendeva nella sostanza(18). L'amministrazione della guerra poi - che per il suo istituto più risentiva delle sopravvivenze del passato - era così multiforme e farraginosa da incontrare attriti ed intoppi ad ogni passo.
Le cose della guerra mettevano capo al Collegio, ossia al Consiglio dei ministri della Repubblica, composto di 16 membri, o Savi(19). Di questo Collegio facevano parte il Savio di terraferma alla scrittura ed il Savio di terraferma alle ordinanze; i due centri esecutivi dell'amministrazione delle milizie di mestiere e delle milizie paesane, cioè delle cerne.
Il Savio alla scrittura era preposto, oltre che all'ordinamento delle milizie stanziali, anche a quello delle fortificazioni, delle artiglierie e delle scuole militari, e traeva il nome dall'antico suo ufficio di tenere cioè al corrente i ruoli dei soldati ingaggiati. Era, in sostanza, il ministro della guerra della Serenissima.
Il Savio alle ordinanze sopravvegliava invece al governo delle cerne e corrispondeva ad un vero e proprio ministro alle Landwehr, cioè ad un centro organatore della difesa territoriale.
Queste supreme magistrature militari, come le altre del Collegio, erano elettive.
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