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      La vecchiaia dei generali veneti esisteva nondimeno, e grave. Il Savio alla scrittura Francesco Vendramin l'aveva denunciata al Principe come il male precipuo che rodeva l'esercito, e scongiurava di provvedervi in tempo:
      Di eguale impedimento - egli così scriveva nel 1785 - alle buone disposizioni della milizia in genere si è pure l'impotenza di non pochi ufficiali, specie delle cariche generalizie, che giunti alla più fredda vecchiaia, ritenuti dalle viste del proprio vantaggio, vogliono ancora continuare nel servizio sino alla fine della vita.....Sicchè, malgrado quella riverenza che si conviene alle pubbliche deliberazioni, mi è forza dire che, spesse volte, questo Augusto Governo è più commosso dalla pietà che dal proprio interesse, cui talvolta antepone le convenienze particolari di coloro che godono la distinta fortuna di essergli soggetti
      (44).
      Non si pensò però con questo a svecchiare gli alti gradi dell'esercito Veneto.
      Fino dal 1786, allo scopo di ripartire in modo equo e vantaggioso per il servizio i beni ed i mali delle diverse guarnigioni d'Italia e d'oltremare, il Senato aveva stabilito un turno di generali; ossia un determinato ordine di successione dei generali medesimi al comando dei quattro grandi riparti militari in cui si suddivideva il territorio della Repubblica(45).
      Fu assegnato allora in Levante il sergente-generale Maroti, con i sergenti maggiori di battaglia Bubich e Craina; in Dalmazia il sergente generale Salimbeni - ricordato più sopra - con i sergenti maggiori di battaglia Nonveller ed Arnerich; in Italia il tenente generale Pasquali, con i sergenti maggiori di battaglia Stràtico e Bado.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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