Dagli stati di servizio prodotti dai capitani Zorzi Rizzardi e Donà Dobrilovich al Senato per ottenere la loro giubilazione, risulta che il primo di questi era soldato dal 1734, cadetto nel 1740, alfiere nel 1753, tenente nel 1766, capitano-tenente nel 1778, capitano nell'anno medesimo; vale a dire che aveva impiegato ben 51 anni di servizio per ottenere quest'ultimo grado, dei 68 di età che contava il postulante. Il collega Dobrilovich era soldato dal 1733, caporale nel 1739, sergente nel 1742, alfiere nel 1745, tenente nel 1766, capitano-tenente nel 1773 e capitano pure nello stesso anno: gli erano quindi occorsi 51 anni per raggiungere la desiderata mèta di comandante di compagnia, accumulando per via il fardello di ben 68 anni di età.
Nè gli accademici, per dir così, erano i soli a far concorrenza ai vecchi soldati della Repubblica. Oltre ad essi si dovevano contare gli ufficiali sopranumerari, cioè quelli il cui rollo di anzianità era per un motivo qualsivoglia sospeso, i provenienti dai nobili e dai figli degli ufficiali, ed infine i titolati, cioè coloro che in virtù di una grazia sovrana, per benemerenze personali o di famiglia, ricevevano un grado ed i relativi emolumenti senza però disimpegnarne gli uffici.
Ingrossata così la schiera dei competitori - talchè i cadetti nel 1781 erano cresciuti a 605, laddove nel 1776 toccavano il centinaio e mezzo appena - il malcontento dei vecchi ufficiali non ebbe più ritegno.
Quando - dice un'istanza avanzata al Senato dal tenente Teodoro Psalidi, del Reggimento di Artiglieria - dovetti fare le prove anche nelle scienze matematiche, volendo aspirare al grado di capitano-tenente, e mi venne imposto di prestarmi in tali studi che non mi erano mai stati prescritti, mai insegnati dai miei superiori, cui infine non ebbi mai il tempo di applicarmi, mi cadde l'animo.
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