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      Col tempo queste costumanze derivate dalle età eroiche, da una condizione semplicista ed arretrata dell'evoluzione industriale e della compagine operaia, cominciarono prima a scadere e dopo a degenerare. Molti bombardieri si svincolarono dal giogo del servizio personale obbligatorio pagando le tanse, individuali dapprima, collettive di poi - vale a dire le insensibili - quando cioè, con l'insofferenza del servizio, crebbero l'avarizia ed il disamore alle armi, ed il mestierantismo militare attecchì su questo terreno brullo ed infecondo come una fioritura di erbàcce selvatiche.
      Sulla seconda metà del secolo XVIII quasi tutte le compagnie venete dei bombardieri si erano assottigliate in modo straordinario, e con esse - ridotte in totale a poche centinaia di uomini - si doveva provvedere al servizio dei 5338(143) pezzi esistenti a quell'epoca sui rampari e sui navigli della Repubblica. Quale truppa infine, i seguaci di Santa Barbara si erano ridotti - come scriveva il maggiore Domenico Gasperoni - nè più nè meno che un branco di individui, la cui uniforme e le stesse baionette erano quasi sempre impegnate o in vendita ai cenciauoli.
      Urgeva quindi porre riparo a tanta rovina, resa ancor più grave dal progresso cospicuo che altrove aveva realizzato l'arma d'artiglierìa nella tecnica e nella tattica, mercè l'addestramento continuo ed intenso dei cannonieri; laddove i bombardieri veneti dedicavano all'arte di Santa Barbara soltanto il limitato tempo che le giornaliere occupazioni loro concedevano, ed anche questo di malavoglia o facendosi surrogare dai peggiori rifiuti della società.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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