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      Ebbe così vita, nel 1757, il primo nucleo del Reggimento veneto all'artiglieria, reclutato con i soliti metodi delle milizie di mestiere, mercè le cure del sopraintendente dell'arma di allora, che era il brigadiere Tartagna, venuto al servizio della Repubblica dall'Austria. Successivamente il brigadiere Saint-March ed il sergente generale Patisson(144)) proseguirono l'opera del Tartagna, specie il secondo che può considerarsi il vero e proprio riformatore dell'artiglieria veneta della decadenza.
      Tra il 1770 ed il 1778 il reggimento crebbe di forza e migliorò d'assetto. L'istituzione del Collegio militare di Verona - avvenuta pressochè al tempo della creazione del primo nucleo stanziale dell'arma - doveva inoltre assicurare alla medesima una corrente continua di ufficiali, tratti dal miglior ceto della società veneta, convenientemente addestrati ed istruiti; uno stato maggiore insomma degno dei migliori eserciti e dei più bei tempi della Serenissima.
      In sei anni di corso si studiava infatti nel Collegio la grammatica usando i libri di Fedro, i Commentari di Giulio Cesare e le Vite degli uomini illustri di Plutarco, il latino, il francese, le matematiche pure, tanto teoricamente che in pratica ed infine le matematiche miste, "quali sono adatte al matematico ed al fisico, abbracciando perciò la meccanica, la balistica, l'idrostatica, l'idraulica, l'ottica, la perspettiva, l'astronomia, l'architettura civile e militare, la nautica e la geografia"(145).
      E poichè era "scopo principale dell'istituto di rendere i giovani, al possibile, perfetti nell'ufficio di artiglieri, di ingegneri e di battaglisti", così si doveva, oltre alle materie teoriche di cui sopra, "insegnare loro il modo di guerreggiare degli antichi, l'uso di accamparsi, la condotta delle mine, l'arte teorica e pratica dell'artiglieria ed il modo di guerreggiare presentemente in rapporto con gli antichi".


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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