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      Prima di lui la decadenza batteva il suo pieno nell'Arsenale e sulle navi armate. "Le sale di quel vecchio e grande edifizio - scriveva Giovanni Andrea Spada - erano adorne a pompa, non a difesa, nè v'era in esso quanto bastasse a l'armamento completo di tre reggimenti. I cannoni quasi tutti di ferro e non adatti agli usi della nuova arte della guerra, le palle in relazione..., le maestranze erano poi così svogliate, ignoranti e corrotte, che un operaio lavorava alle volte un solo giorno al mese".
      Rimediò per primo a questa rovina il Patisson, spalleggiato dall'Emo, grande e geniale ammiratore dell'arte e della disciplina marinara e militare inglese, ch'egli vagheggiava introdotte a Venezie. "Le polveri nostre sono umide - dichiarava il Patisson al Savio alla Scrittura - e non si provvede a sostituirle che con altre ugualmente cattive... Le artiglierie impongono urgenti provvedimenti per rendere utili i pezzi che sono nelle cinque principali piazze di Oltremare, cioè Corfù, Cattaro, Zara, Knin e Clissa, e validi i pezzi destinati all'armo dei pubblici legni, nonchè all'attual sottile armata di 18 navi, 6 fregate, 5 sciabecchi, fissato con decreto del 1° agosto 1780... alla difesa dei forti della Dominante, per il treno di campagna e per le altre eventualità"(147).
      Il noto contratto con la ditta Spazziani doveva ovviare alla gravissima crisi, unitamente ai provvedimenti organici adottati per l'arma di artiglieria, alla abolizione delle mezze paghe ai cannonieri meno abili ed al trasferimento degli inabili nel corpo dei veterani.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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