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      E ciò anche per meglio soddisfare alle esigenze del servizio di scorta e di staffetta. La campagna bresciana e la veronese primeggiavano per floridezza dei pascoli e quivi i riparti di cavalleria potevano stare più raccolti: la provincia del Friuli, specie il circondario di Pordenone(196), pur essendo assai più ricca di foraggi era nondimeno esente da ogni servitù, e ciò per antico privilegio.
      Nei dintorni del Chievo (Clevo) stava quindi alloggiato un buon terzo della cavalleria veneta al tempo della decadenza, ed a Verona risiedeva il suo sopraintendente. I possessori di quelle praterie acclive e dei pingui pascoli sotto quella fortezza erano obbligati - per vecchi statuti - a somministrare le decime dei loro fieni alla cavalleria(197).
      Ma quel vincolo - fatto di antiche schiavitù terriere - era diventato insopportabile ai terrazzani veronesi della decadenza della Repubblica, che ripetutamente ed acerbamente se ne dolevano, offrendosi perfino di pagare la prescrìtta decima in denaro sonante. Con ciò quei terrazzani intendevano piuttosto a liberarsi delle guarnigioni che dell'onere che loro derivava per la presenza della cavalleria nelle loro terre.
      Ma il Senato, nel 1782, riconfermò nel modo più esplicito il pieno vigore delle antiche servitù, "essendochè la fornitura delle decime alla pubblica cavalleria è destinata alla comune salvezza di tutti, per il mantien di quell'arma"(198).
      A squadriglie, a drappelli, il rimanente della cavalleria era suddiviso in parte nelle città e nel contado della Bresciana e del Bergamasco, ed in parte tra i centri di Padova, Rovigo, Treviso, Udine e Palmanova.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199

   





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