Successivamente però questo diritto andò modificandosi e si trasformò, sul finire della Repubblica, in una specie di indennità di carica da corrispondersi in contanti.
A questi governatori delle armi nelle fortezze d'Oltre mare incombeva un còmpito assai spesso difficile e pericoloso. Quello cioè di servire da ago della bilancia in mezzo alla violenza delle passioni politiche delle genti contermini, e da scudo contro le incursioni e le depredazioni delle vicine tribù turchesche. E l'uno e l'altro ufficio essi dovevano assolvere con dignità e con fermezza, quasi sempre con scarsissimi presidi, con armi spuntate e rugginose.
In quest'opera giovava ancora alcun poco il bagaglio delle antiche memorie e del vecchio prestigio repubblicano rinverdito dopo le campagne del 1716-17, ma più che tutto valeva l'intreccio dei vincoli politici, sociali e feudali, solidamente ribadito dalla Repubblica nei domini d'Oltremare tra i suoi stessi rappresentanti ed i maggiorenti delle terre. Così, con fine accorgimento, la Serenissima soleva scegliere non pochi dei governatori delle armi delle principali fortezze di Dalmazia e di Levante tra gli ufficiali superiori degli Oltremarini, vale a dire tra i conterranei medesimi; sicchè, per tale riguardo, le genti entravano di leggeri in una tal specie di convinzione di godere una autonomia propria, convinzione che gli istituti repubblicani rafforzavano e corroboravano. Il crogiuolo delle milizie regionali oltremarine serviva così da elemento unificatore, da valido intermediario tra le libertà cantonali d'Oltremare ed il potere centrale repubblicano, da scuola d'armi insieme e di pubblici poteri dalla quale il dominio veneto usciva rafforzato e popolarizzato.
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