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      Questi modi di salutare le autorità militari superiori ed inferiori surrogarono rispettivamente la battuta della picca ed il levarsi del cappello, quando la picca stessa costituiva l'ordinario armamento dell'ufficiale.
      Altre regole disciplinavano il modo di portare la spada all'orazion, che stendevasi a quell'atto davanti al corpo con il braccio disteso e la punta fin presso terra, mentre l'ufficiale ripiegava il ginocchio destro sotto il sinistro, si toglieva di capo il cappello e lo raccomandava alla mano sinistra; a funeral, nella quale positura la spada si portava serrata contro il petto lungo il lato sinistro, assicurata sotto l'avambraccio piegato all'altezza della mammella; in battaglia infine cioè con la spada stesa lungo il fianco destro, "appoggiandola verticalmente nel vuoto della spalla, col filo in fuori"(240).
      Gli alfieri portavano normalmente la bandiera "sul fianco destro, l'asta alquanto inclinata verso dritta e pendente in avanti, la lancia (freccia) voltata in piano ed il calcio a terra". Nei tempi sereni e senza vento la bandiera si lasciava "a drappo volante", nei piovosi invece o con vento si prendeva "il canto (lembo) pendente del drappo e con la mano destra si serrava all'asta". Nelle parate - senza eccezione di tempo - la bandiera doveva essere sempre spiegata.
      L'alfiere abbassava la bandiera davanti a quelle medesime supreme cariche militari cui si rendeva dagli ufficiali il completo saluto con la spada, "compiendo un ottavo di giro a "dritta, poi con la mano dritta abbassando l'asta della bandiera verso la parte sinistra, finchè il piatto della lancia sia ad un palmo distante da terra.


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La Campagna del 1796 nel Veneto
Parte I (la decadenza militare della serenissima. Uomini ed armi)
di Eugenio Barbarich
Tip. E. Voghera Roma
1910 pagine 199