Il rimanente del bilancio era assorbito dalle truppe dislocate negli altri riparti della Serenissima, distinto in analoghi capitoli di spesa, e questa fu precisamente di ducati 2,060,965 e grossi 11(255).
Sempre nell'anzidetto anno, con questo bilancio la Serenissima manteneva nelle armi 19,385 uomini.
Ma premendo ovunque le proteste e gli incitamenti ad assottigliare gli apparecchi militari ed a porli in armonia con la politica di rinuncia e di stretta neutralità dichiarate dalla Repubblica dopo la pace di Passarowitz, il Senato nell'inverno del 1738 convocò, "una conferenza per meditare e far suggerire quei sollievi e risparmi che conciliar si possano tra i riguardi della pubblica economia e quelli della necessaria custodia degli Stati". Quali fossero i termini di questa equazione vaghissima, a più incognite, solita a rinverdire ad ogni crisi delle finanze e molto più ad ogni depressione di spirito ed infrollimento della volontà collettiva delle nazioni, non è detto. Certo si voleva che l'Esercito e la marineria veneta facessero le spese dello sbilanzo e lo risarcissero.
La navigazione più non allettava, il commercio veneziano era allora arenato, l'impero coloniale scomparso miseramente: di questo ormai non rimanevano superstiti che i pochi brandelli delle isole Ionie, del Cerigo e di Cerigotto. I porti franchi di Trieste, di Livorno, di Ancona e di Sinigaglia avevano soppiantato i traffici della Repubblica, che si era ormai ridotta a dimenticare affogando le memorie del passato nella vita spensierata, spendereccia e voluttuaria del presente.
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