Ed in quei frangenti di allegro consumo senza un'equivalente produzione riparatrice, lo sbilanzo cresceva.
Nondimeno il credito della Repubblica era ancora considerevole - una bella facciata architettonica che imponeva pur sempre per quanta rovina nascondesse nell'interno - ed il fratto degli antecedenti risparmi poteva consentire di far ancora fronte alla situazione, purchè si ponessero un poco all'incanto le armi e meglio si colorisse con quest'atto la divisa assunta dallo Stato godereccio, scettico ed imbelle.
Frutto adunque della conferenza indetta dal Senato Veneto si fu una prima riduzione della forza bilanciata la quale, da circa 20,000 nomini, discese a meno di 16,000. Si sospesero inoltre le reclutazioni e le giubilazioni e si incitò la conferenza anzidetta a proseguire nelle riforme e nelle falcidie per realizzare nuovi e più copiscui risparmi.
Nel 1738 il bilancio militare veneto si ridusse infatti ad 1,886,322 ducati; quello del 1739 discese ancora a 1,670,333 ducati; quello del 1740 infine precipitò a 1,592,784 ducati.
L'esercito o la marineria veneziani si erano adunque sacrificati alla generale assenza d'ogni spirito di sacrifizio individuale e collettivo, ed in questa bancarotta di sentimenti e di mezzi essi avevano riportati dei colpi così fieri da non riaversi mai più.
Così la Repubblica cominciò a morire da quando decretò la liquidazione dei propri armamenti. "Va ben - aveva esclamato il penultimo doge Paolo Renier - "No gavemo più forze, non terrestri, non marittime, non alleanze,.. Vivaremo dunque a sorte e per accidente!
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