Esso richiedeva in media per il suo mantenimento - affatto parassitario - 218,837 ducati all'anno, 46,836 ducati per l'anno dei pubblici navigli, 25,841 ducati per il rabberciamento delle artiglierìe più sganghenate, 30,000 ducati per il Reggimento Arsenal. In totale il maggior stabilimento marinaro dei Veneti pesava adunque sulla pubblica finanza per 324,504 ducati all'anno - cioè a dire per 1,356,426 lire odierne - senza contare le giubilazioni, le spese ordinarie per i trasporti Oltremare, per le esperienze ed altro.
E tutto ciò per lasciar marcire sugli squeri (cantieri) navi più che quarantenarie ed una perfino - la Fedeltà - impostata nel 1718 e varata nel 1770; per lanciare in mare tra il 1717 ed il 1780 soltanto 28 legni, che venivano così a costare all'erario pressochè tre milioni e mezzo ognuno, ammesso che questo prodotto di lavoro possa ritenersi il solo veramente sensibile dello stabilimento durante il menzionato periodo di oltre sessant'anni.
Il costo di produzione soverchiava adunque in modo inaudito il valore del prodotto, nè v'erano fede ed energia capaci di metterli in correlazione, amputando con sicurezza un organismo mastodontico di consorterie, lento e parassitario. Occorreva perciò romperla con le tradizioni corporative di una industria di Stato divenuta oramai un anacronismo economico, sociale e politico; stendere la mano franca e sicura all'industria privata che nella produzione delle armi aveva pur fatto passi lusinghieri e decisi.
Ora i buoni propositi di giovare in questo senso l'amministrazione della guerra attingendo alle floride officine della Bresciana, del Bergamasco, del Salodiano, mettendo a contributo i servizi della compagnia mercantil dello Spazziani, le ferriere di Agordo, i lanifici della Trevigiana e del Vicentino, tramontarono non appena si dileguò al Saviato alla Scrittura il benefico influsso dell'opera riformatrice di Francesco Vendramin(256).
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