I Francesi erano ancora lontani e la fiducia nell'equilibrismo era ancora fresca e promettente. "I Francesi scriveva il 22 maggio Foscarini al Doge, di cui ancora non conosco le forze sono - per quanto la diligenza dell'eccellentissimo rappresentante di Brescia mi scrive con sua lettera di ieri - a Robecco, da dove, staccato un uffiziale con cinque soldati per passare il ponte sull'Olio entrarono nella terra di Ponte Vico, ricercando se vi fossero altri ponti vicini o altri porti, e quanto fondo il fiume avesse. Quindi, fatta ricerca a chi appartenesse quella terra e conosciuta essere soggetta al dominio Veneto, sono al momento retrocessi a Robecco"(264).
Buoni adunque parevano i principii della nuova avventura con i Francesi, e tutta l'arte e tutte le speranze sembravano rivolte allo scopo di propiziarsi gli Austriaci, quando il menzognero zeffiro che veniva di Lombardia crebbe d'un colpo d'audacia e di violenza.
I mali asprissimi - scriveva il 26 maggio Foscarini al Doge - che l'attual guerra fa provare all'Italia cominciano a produrre non lievi conseguenze. Già ho rassegnato i disordini occorsi a Crema per parte delle truppe francesi... ma la vivacità di questa nazione ed il genio intraprendente dei suoi generali lasciano oramai delusa ogni speranza. In queste circostanze, ben volentieri avrei desiderato accorrere io pure a confortar personalmente i sudditi di V. E. a quel paese... ma coperte essendo le strade di armati delle belligeranti potenze, il riguardo di non compromettere il decoro della pubblica rappresentanza ha fatto sopprimere per ora in me stesso tale vivo desiderio
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