La miglior prova che io non mi sono ingannato, è che voi siete qui.
Mi sta a cuore, permettetemi di dirlo, per il governo che ho l'onore di rappresentare, per voi, per il nemico, come per l'Europa, che noi fossimo esatti a questa scadenza.
È perciò che io sono venuto da Parigi a Bordeaux. Vi domando il permesso di ritornare per qualche giorno al mio posto, ove ho dei doveri difficili e delicati da adempiere. Io non posso spiegarmi ulteriormente in presenza di tutte le difficoltà che ci circondano, ma voi comprenderete benissimo che avendo cominciato quest'opera sotto la nostra responsabilità noi non l'abbandoneremo che dietro il giudizio che voi, nella vostra equità, farete della nostra condotta. La mia prima cura, come il mio primo dovere, (è con questa osservazione che termino, e non ho bisogno di consultarvi per essere sicuro che incontrerò in questa Camera una completa unanimità) sarà di riferire a quelli coi quali noi negoziamo questa affermazione, che la Francia è pronta, checchè avvenga, a fare coraggiosamente il suo dovere. (Viva approvazione ed applausi).
L'Assemblea deciderà in piena libertà, come appartiene a dei rappresentanti del paese, che non prendono consiglio che dalla salvezza della Francia e non hanno altra cura che quella del suo onore (Bravo! Bravo! Nuovi applausi).
Ecco ciò che il nemico deve sapere.
In pari tempo è essenziale di dirgli che non è più soltanto in nome di alcuni cittadini, che dopo aver raccolto il potere vacante ed essere stati più tardi eletti da un'intera capitale, aspettavano con ansia l'ora in cui sarebbe loro concesso di consultare la Francia, ma in nome di tutto il paese, in nome di un'assemblea che lo rappresenta legittimamente che noi veniamo a domandargli il tempo di compiere l'ordine incominciato.
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