Quale sarà questa volta la ricompensa del modesto eroe? Eccola:
Si conclude un armistizio dal quale è escluso il suo esercito e non lo si avverte di questa esclusione. Anzi gli viene ordinato di cessare le operazioni militari. Fidandosi nelle istruzioni ricevute, egli si trova quasi nelle mani del nemico che l'abborre sopra ogni altro, e si sottrae con gran fatica alla sorte degli 800,000 francesi prigionieri, o dei franchi tiratori impiccati e bruciati vivi. Il suo esercito solo continua ad armarsi, mentre il resto del paese non pensa che dopo l'armistizio possono ricominciare le ostilità. Al popolo non rimaneva che un solo mezzo per mostrargli la sua riconoscenza, e per protestare contro l'ingratitudine dei governanti; il corpo elettorale in un suo slancio di virilità, lo manda alla Camera. Egli, sempre fedele al suo dovere, vi si reca; vedendosi in compagnia con così strani colleghi, dà la sua dimissione. È accettata immediatamente, e nemmeno una parola è pronunziata per ringraziarlo dei servizi resi al paese. Giulio Favre prende la parola. L'avvocato non s'occupa altro che di sè stesso e dichiara soltanto che spera ottenere qualcosa dal padrone: il signor di Bismark. Allora il soldato repubblicano domanda la parola. È la sola cosa che abbia domandato alla Francia. Il presidente gliela rifiuta.
Ecco le ricompense che la nazione francese accorda a coloro che vengono da lontano a versare il loro sangue per la sua salvezza».
Garibaldi ritorna a Caprera!
Va, nobile vittima! L'albero della libertà non può sorgere che inaffiato dal sangue dei suoi figli.
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