.. Ed è questa una delle cause per cui il francese passa istantaneamente e con quella volubilità fatale di cui ha dato più di una prova, dall'entusiasmo alla sfiducia!... dalla febbre all'apatia!... e lo si può condurre oggi ad esaltarsi per un delitto come per una virtù; a far sua un'empia come una buona causa!... ad amare, ad idolatrare oggi, per imprecare, per dimenticare domani.
Negli ultimi giorni del carnevale in cui la crisi tremenda della guerra franco-prussiana era alla sua funesta meta, e si chiudeva colla capitolazione che tanta agitazione, tanta lotta destò nella Francia, Parigi non voleva rinunciare al suo istante di buon umore ed il martedì grasso accettò e mise in voga con vero furore una canzonetta che si vendeva e si cantava da girovaghi sulla piazza e per le vie.
La canzonetta era intitolata: La Marche du Boeuf Gras da cantarsi sull'Aria della complainte di Fualdés.
Una grande incisione rappresentava il corteggio tradizionale.
È aperto dal generale Trochu che porta una immensa chiave della città di Parigi. Vengono dietro lui il conte Bismark e re Guglielmo, vestiti ed atteggiati come i re ed i ministri delle opere d'Offenbach.
Il bue grasso è La Francia, condotta da due littori prussiani col classico elmo, e la mazza del carnefice. Il vecchio Constitutionnel le sta a cavalcioni vestito da amorino. Giulio Favre lo segue colla Convenzione del 28 gennaio sotto il braccio: v'è poi una quantità di altre figure e d'allusioni che tralasciamo per accorciare. La canzone finge che il corteo si arresti qua e là, come il solito, e ne trae argomento a scherzi sanguinosi.
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