Le mire dell'assemblea trapelavano però da ogni suo atto, già Rochefort, Ran, Malos, Pegrat si erano ritirati in seguito alla votazione nel trattato di pace.
Intanto le petizioni delle provincie per l'esautorazione di Parigi giunsero all'assemblea. I deputati, favorevoli per la maggior parte a quella domanda, oscillarono qualche tempo fra Versaglia, Fontainebleau, Tours, Orléans e Bourges, finalmente decretarono di porre la sede dell'assemblea e del governo a Versaglia. La distanza che separa questa città da Parigi è bastante (si pensò) per impedire che l'assemblea soggiaccia ad un colpo di mano di Belleville o di Montmartre. «Gl'insorti dovranno passare sotto i cannoni di quei forti che i prussiani non poterono ridurre al silenzio. Il Monte Valeriano è a cavaliere della strada di Versaglia: un generale posto sotto la protezione del suo fuoco, con un distaccamento agguerrito, può sfidare tutte le bande indisciplinate che i sobborghi manderanno».
La sola sinistra repubblicana sostenne che Parigi dovesse rimaner capitale, ma fu schiacciata dalla maggioranza antiparigina.
Chi non conosce Vittor Hugo, quel potente scrittore che da Nostra Signora di Parigi all'Uomo che ride, ha lanciati al mondo tanti poemi immortali, che dai Castighi alle Canzoni dei boschi e delle vie ha fatto modulare tutte le corde della lira poetica, la cui magica penna ora diveniva fulmine di sdegno, ora plettro di mestizia e d'affetto? Vittor Hugo fu sempre l'amico di Garibaldi. L'uomo della parola e l'uomo dell'azione, il sommo poeta e il sommo soldato, grandi patrioti, grandi uomini entrambi, erano fatti per intendersi e per amarsi.
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