I tamburi battevano la carica, ma quel rullo triste e ferale era quasi interamente coperto dalle grida Viva l'ordine! Viva la Repubblica!
Un gruppo di cittadini che era sboccato dalla via nuova dei Cappuccini, portando una bandiera tricolore, si avanzò di fronte alle guardie nazionali armate che ne sbarravano il passaggio.
Scoppiano varii applausi, si agitano dei fazzoletti; si ha speranza di un felice scioglimento. Vinte da questa dimostrazione pacifica già alcune guardie armate alzano il calcio del fucile.
Si sentiva che dopo alcuni secondi l'insurrezione avrebbe ceduto d'innanzi alla conciliazione.
Una di quelle sinistre sfingi che dovevano poi gavazzare nel massacro delle fucilazioni sommarie del giugno, stava in mezzo a quel gruppo. Era un gendarme che cavalcava poco discosto dal cittadino che portava la bandiera. Intorno alla bandiera il gruppo erasi reso più fitto. Le guardie dell'insurrezione ad un movimento che fece la folla avanzando, incrociarono le baionette. Non era un atto ostile, era un atto di difesa.
Il gendarme scaricò sulle guardie un colpo di revolver.
Fu il segno fatale.
Una scarica per parte delle guardie che risposero a quel colpo provocatore, colpì il gruppo che erasi stretto intorno alla bandiera.
In un batter d'occhio la via della Pace fu coperta di gente ferita, morta o sbattuta a terra dalla folla disordinata che si sbandava fuggendo da ogni sbocco.
L'allarme si sparse subito nei quartieri del centro. Tutte le botteghe, tutti i caffè furono chiusi. Gli amici dell'ordine gridavano che le dimostrazioni pacifiche non erano buone a nulla, ma gridavano molto, e nessuno prendeva un fucile.
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