Combattimento feroce, senza mercè, corpo a corpo, complicato di sciagure, come l'esplosione della polveriera a Neuilly, che seppellì meglio di settanta persone - non combattenti - sotto il conquasso. La battaglia nella città sarà occasione di fatti terribili, di ruine incalcolabili. La Comune passa. I suoi attori entrano in quella notte formidabile che chiamasi popolo; il Governo di Versailles resta, ed eredita tutti gli odii.
In Francia il vinto ha sempre ragione, chiunque esso sia.
Le prime angherie della Comune saranno obbliate. Le si conterà per bene che, potendo, e forse dovendo innalzare il patibolo, onde essere consentanea all'indole sua, non sparse neppure una gocciola di sangue: giuridicamente e rivoluzionariamente; non confiscò, come l'Austria, il re di Napoli, e Napoleone III; non istituì tribunali rivoluzionari; si lasciò discutere dalla stampa, contaminare d'ogni sporchizia, come fa quotidianamente l'Univers, e non ebbe che dei lampi di dispetto che la rimpicciolirono, invece dei ruggiti di collera che l'avrebbero ingrandita. Ecco ciò che si ricorderà quando il signor Thiers sarà entrato a Parigi, aprendosi la via con la mitraglia, e passando per la via sacra sopra i cadaveri di dodici o quindici mila francesi.
Regna una grande inquietudine nella classe placida della popolazione, e fra coloro che hanno relazioni con lo straniero. Dicesi che i cinquecento milioni scaduti della tassa di guerra siano già in potere del Governo, e che vadano subito ad esser pagati ai tedeschi.
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