Vi sono delle istituzioni che non si rinnovano: degli uomini che non si rimpiazzano.
Il papato di Pio IX, che convoca concilii, che scomunica popoli e re, che chiama l'Europa contro l'Italia, non è il papato di Innocenzo IV; il meeting del Vaticano non è il concilio di Lione; Vittorio Emanuele non è Federico II; l'Europa del 1871 non è quella del 1245, e Mastai non è il terribile Sinibaldo dei Fieschi.
Il Comitato di salute pubblica del 71 non ha nessuna analogia con quello del 93; ed i Ranvier, i Pyat, gli Arnauld... sono in faccia ai Robespierre, ai Saint-Just, ai Couthon, ai Carnot, come dei granelli di sabbia in faccia alle Piramidi, come la lucertola in faccia all'antidiluviano ignanodon.
Mettiamo dunque da banda la Comune, la quale non è più se non un ostacolo d'ore.
L'esercito di Mac-Mahon entrerà in Parigi. La reazione vi si installerà. Il signor Thiers sarà mandato via con la stessa durezza che egli ha messa in umiliare il bestiame monarchico-cattolico della maggioranza. L'Assemblea si proclamerà costituzionale e si metterà all'opera della costituzione definitiva del reggimento nazionale. L'Assemblea rurale, rappresentando il contado, è monarchica. Le grandi città, le piccole città, i grossi borghi essi stessi hanno con l'elezione dei consigli municipali manifestato che sono repubblicani moderati. Che ne pensa su tutto ciò il principe di Bismark?
Nel suo discorso del 12 maggio al parlamento vi è questa frase significativa; un grande insegnamento per i poveri spiriti dell'Assemblea versagliese, ed un avvertimento di cui saria stoltezza non tener conto.
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