«Il governo francese attuale, ha detto il gran cancelliere, è il migliore in istato di soddisfare i voti del popolo francese. Qualunque altro governo che vorrà sostituirvisi avrà a temere di non assicurare la pace con eguale completezza.» Bismark dunque vuole la repubblica; teme complicazioni, se la si vuole rovesciare; diffida della restaurazione sia di quel prezioso Henri che si crede sul punto di essere chiamato, sia dagli Orléans che han mostrato durante la guerra, spiriti troppo guerrieri e gareggiato di contumelie contro l'Alemagna col Figaro e la Libertè. Laonde siccome il principe di Bismark è il giudice in ultimo appello della sicurezza dell'ordine e della stabilità del nuovo regime, se l'Assemblea si avvisa di scoccargli contro uno spettro qualunque delle dinastie cadute, quando gli si dirà: Ora andate via! egli potrà rispondere, e non è uomo a peritarsene: Non possumus!
Il trilemma è dunque così: o occupazione indeterminata della Francia; o repubblica; o dissoluzione dell'Assemblea di Versailles.
Nè l'occupazione dei forti di Parigi, che si «prolungherà per un altro anno, o per lo meno fino a dicembre,» è bastata al principio di Bismark. Egli ha detto: «che le truppe tedesche, nell'interesse della loro sicurezza avessero la disposizione della zona neutra situata tra la linea di demarcazione alemanna e la cinta di Parigi sulla riva destra della Senna.» L'Alemagna comincia dunque alle porte nord-est di Parigi.
Bismark infine ha stipulato delle condizioni commerciali che solo poteva dimandare: essere trattato, cioè, come le nazioni le meglio favorite.
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