Degli uomini, girando un mulinello che avvolgeva l'altro capo della gomena, hanno tirato giù il monumento tutto intero. Cadendo, la colonna si spezzò in due nell'aria, e non soffrì che poco, arrivando al suolo su un letto di fascine. La commozione della terra fu perciò quasi nulla. Lo strepito, in due tempi, poco più di quello di una bomba.
I fuochi del sole, all'occaso, formavano sul capo imperiale un'aureola. E sembrava ch'ei scintillasse di sdegno guardando i pigmei che gli formicolavano ai piedi. La statua di Cesare, che si era sostituita nel 63 a quella del 33, era grottesca; malgrado ciò, quel capo coronato di vittorie dominava Parigi come una minaccia, come una sentinella. Lo slancio che prese fu fulmineo. In un secondo, la colonna descrisse il quarto di curva, che separava i campi del cielo dalla terra, ove la plebaglia le saltò su e la calpestò. Un immenso grido l'accompagnò nella caduta: Viva la Repubblica!
Il nipote aveva inflitto al grande Imperatore l'espiazione che cominciò al 2 agosto e finì al 28 gennaio ultimo. La Comune gli ha inflitto il supplizio della gogna.
Niuno detto popolare era stato mai tanto vero quanto quello che suona: guardando la colonna, sono fiero di esser francese! La leggenda napoleonica - quella dello zio - è immortale, perchè niun principe francese, al pari di quel Côrso, incarnò meglio l'anima della nazione. Vizi e glorie, istinti e modi, odi ed appettiti, simpatie e volontà, passioni civili, politiche, sociali, aspirazioni orientali e sentimenti europei, antitesi di cuore, di carattere, d'intelligenza.
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