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      .. Napoleone compendiò tutto; egli fu Enrico IV, Luigi XI e Luigi XIV, un Robespierre coronato, un Danton per impeti, Voltaire per il cervello e per ragione di Stato, e perfin religioso, per meccanica di governo.
      Egli era arrivato, come la vendetta o la giustizia, onde confondere, punire, umiliare dodici secoli di tradizione storica della monarchia europea. Egli menò netto intorno la spada dell'angelo del livello, e dall'argilla infima del popolo tirò re, cardinali, duchi, conti, quelli che dominano e abbarbagliano il mondo. Egli fe' risonare il suo sprone d'oro negli echi secolari delle Piramidi, nelle tombe formidabili di Carlomagno, di Federico II, degli Habsbourg, dei Carpeti e dei Valois, a Saint-Denis dei duchi di Savoia. Egli misurò alla sua testa la corona di ferro di Carlomagno e la trovò esigua; si unse dell'olio di Reims; chiamò un papa per venirgli a servir di untore, e poscia, sembrandogli onorarlo troppo dell'uffizio, ei si coronò da sè, come un Brandeburgo un secolo innanzi aveva fatto prima di lui! Egli si assise su tutti i troni, tranne su quello di Pietro il Grande, il solo pertanto cui agognasse più che tutti, di far gemere sotto il suo calcagno vittorioso. Ma la natura, che è il genio custode della santa Russia, disse con piglio di morte: Tu non verrai fin qui! e fin lì non andò.
      Egli pose la mano a tutto e rimanipolando le formole umane che la rivoluzione aveva sanzionato, ricreò una società sul vecchio tipo francese, di cui egli era l'embrione.
      Spirito religioso alla superficie ed immorale nel cuore e negli atti; odio della scienza e paura e disprezzo de' pensatori, vilipesi col nome di ideologi; servitù di tutti i corpi e di tutte le istituzioni dello Stato, formando una catena di schiavi che, di anello in anello, si innalza fino al capo, il quale li tien tutti: brutalità soldatesca e bravura vera contaminata da spavalderia e da iattanza; minaccia perpetua dei popoli deboli che non accettano la supremazia del più forte; appetito di distinzioni nobilesche unito alla rabbia dell'uguaglianza; ignoranza profonda, spalmata dalla vernice brillante dell'improntitudine; egoismo e materialismo radicali, abbelliti di forme seducenti; bassezza d'animo da lacchè con petulanza da bascià; tutti i vizi nella vita, ma con eleganza; tutte le garantie nell'amministrazione, ma come ceppi; tutte le facilità nella politica, ma nessuna libertà; tutte le ipocrisie nella morale, ma nessun vincolo.


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Gli incendiari della Comune
di Ulisse Barbieri
Legros Felice Milano
1871 pagine 143

   





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