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      La piazza Vendôme si trovava dunque minacciata da due punti: all'ovest, per la strada St-Honoré, al nord, dall'Opéra che le fa faccia. Il pericolo aumentò quando una colonna del corpo di Vinoy, penetrata dalla via Louis-le-Grand, dalle Halles si cacciò nelle case, di dove sfondando semplicemente un muro o due, si penetrava negli edifizii che hanno vista sulla piazza. Dalle barricate e dalle finestre si impegnò, malgrado ciò, il combattimento, ma la resistenza non fu efficace. Il posto poi, essendo divenuto ormai inutile, vi si lasciò qualche uomo per tenere a bada i soldati, ed il resto, dopo aver messo il fuoco al ministero delle finanze, se furono dessi, per il giardino delle Tuileries si cacciò nel palazzo.
      Qui non vi fu combattimento, e non vi è dubbio sugli autori dell'incendio. I federali avevano da lunga mano fatto dei preparativi a quest'uopo.
      Il generale Roselli nel 1848 voleva bruciare San Pietro e tutte le moschee di Roma, dicendo: che al nido bruciato, l'uccello non torna più. È un'idea rivoluzionaria, che ha un valore drammatico indiscutibile.
      Gli ultimi momenti della Comune intanto si avvicinavano.
      Distaccamenti di soldati freschi furono condotti al fuoco in mezzo agli applausi della popolazione, che dalle botteghe e dai balconi batteva le mani. Se i federali avessero vinto sarebbero stati ricevuti con le stesse ovazioni.
      Parigi ha di queste epilessie.
      Era una notte splendida di stelle; un arco di luna spandeva un dolce crepuscolo. Non lumi nelle strade, che sembravano come solchi cavernosi di tenebre.


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Gli incendiari della Comune
di Ulisse Barbieri
Legros Felice Milano
1871 pagine 143

   





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