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      A te, valoroso artista, il cui scalpello sa infondere nel marmo tanta parvenza di vita, io dedico questo libro, in cui mi sono ingegnato di rinfrescare la vita e le costumanze d'un tempo trascorso. È una storia paesana e per me quasi domestica, poichè si ragguarda alla terra ove mio padre ha passati gli anni della studiosa adolescenza, ove mia madre è nata, e dove io medesimo ho vissuto tanti bei giorni.
      Fanciullo ancora, io mi aggirai per quelle valli, consolate da un'aria così pura; mi commisi a quel mare tinto, in azzurro da un così limpido cielo; m'inerpicai su quei greppi, dove annidano i falchi e donde l'anima si eleva così libera e franca. Colà non è palmo di suolo che io non abbia corso, con quella pienezza di gaudio che ti fa parere come in casa tua, e con quel senso intimo di pace, che ti fa gustare la poesia delle solitudini. Il culto delle antiche memorie io lo derivo da quella terra così varia e così nobile, colle sue caverne ospitali ai prischi uomini della Liguria, co' suoi ponti romani, colle sue torri severe, cogli archi a sesto acuto e le finestre partite a colonnini, donde egli sembra che tuttavia ci guardi il passato, mestamente amoroso.
      Tra le storie che illustrano questo mio diletto suolo materno, ho amato raccontar questa dello assedio sostenuto dai vecchi marchesi del Finaro, contro le armi di Genova, così onorevole pei combattenti dell'uno e dell'altro campo, Liguri tutti, antenati nostri, e, se ne togli ciò che è vizio particolare dei tempi, uomini esemplari per rara fortezza d'animo e singolar gentilezza di costume.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875, pagine 304

   





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