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      - I due messeri hanno detto che par primavera e vogliono profittarne per godersi la vista....
      - Della Caprazoppa! - interruppe l'ostiere.
      - Eh, già, della Caprazoppa; - soggiunse il Maso. - Voi stesso, padrone, non dite che la valle è stretta, ma bella a vedersi? E poi, non si vede soltanto la Caprazoppa, di qua. Si guarda a manca, e si vede il mare; a destra, e si vedono le case del borgo, il castel Gavone e la roccia, di Pertica, Così l'hanno intesa i due forastieri, e, scambio di mettersi a tavola, sono andati a sedersi sul murello, per contemplare il paese,
      - Uhm! uhm! - borbottò mastro Bernardo. - Che fossero davvero due genovesi? Bisognerà sincerarsene.
      - Padrone, - ripigliò il Maso, - s'ha a darlo in tavola, il pollo?
      - Non ancora; lo porterò io, quando sarà rosolato per bene. Va intanto lassù, moccicone, e vedi se non hanno mestieri di te. -
      Cuoceva assai più del suo pollo, l'ostiere. Natura l'avea fatto curioso; amore della sua terra lo facea sospettoso per giunta. E qui cade in acconcio un cenno storico, il più breve che per me si potrà, donde il lettore benevolo avrà qualche lume intorno alla diffidenza di mastro Bernardo.
      Quel tratto di paese, che dopo il 1100 formò il marchesato del Finaro, era compreso per lo innanzi nel marchesato di Savona, e facea parte del patrimonio di quel famoso Abramo, che la leggenda disse nato d'ignoti pellegrini e rapitore d'una figliuola di Ottone I, ma che la storia chiarisce figlio d'un conte Guglielmo, venuto di Francia, con trecento lance, in aiuto al marchese Guido di Spoleto.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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