- È la roccia dall'Aurèra.
- Mi pare di vederci un segno di strade.
- Strada romèa, messere; ma ora la è guasta per modo che nessuno più se ne giova. Per altro, a che servirebbe, lassù?
- Adagio a' ma' passi! - gridò il Picchiasodo. - Qui ti vien meno il tuo senno, degnissimo ostiere. Non mi dir male de' romani! Non c'eran che loro, per capir certe cose. Vedi; una strada su quel monte la ci voleva, come un bicchier di vino su questo boccone. Strade sui monti, dico io; in pianura, quasi quasi se ne potrebbe far senza; uomo, o macchina, o bestia da soma, tutto ci passa a bell'agio; ma su per l'erta d'un monte, sul fianco d'una costiera, e va dicendo, s'ha a far come Annibale, lavorar coll'aceto. Ne hai tu dell'aceto?
- Padrone, - -entrò a dire il Maso, - c'è quella botte di vinello fiorito, che potrebbe.... -
Così disse il ragazzo, ma non continuò il discorso, poichè mastro Bernardo con una occhiata furibonda gli troncò le parole, e con una pedata non meno espressiva gli fe' prendere il volo verso l'abbaìno.
- Ne avrete fatto, di strada; - disse l'ostiere, tornando a' suoi ospiti e cercando di ravviare la conversazione; - ne avrete fatto molta, messeri, pervenire fin qua!
- Molta; - rispose il Picchiasodo, colla bocca impacciata da un boccone più grosso degli altri.
- E.... se è lecito il chiedervi....
- Ostiere! - interruppe quell'altro, con piglio tra il burbero e il faceto. - Che diavol ti piglia, di voler sapere il nostro itinerario?
- Scusate, magnifico messere.... volevo dire.... Siccome so che il nostro Marchese aspetta per l'appunto qualcuno.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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