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      Erano padroni in casa loro, che non li comandava nemmeno l'imperatore; e adesso, vedete, son roba di tutti, che la è una miseria a pensarci. E ancora s'impuntano a dar molestia ai vicini; e vogliono far l'omo addosso a noi altri! Si mettano in pace tra loro, si mettano; comandi chi può e obbedisca chi deve. Che ve ne sembra, messere?
      - Mi sembra che tu abbia ragioni da vendere! - rispose messer Pietro, aggrottando le ciglia.
      In quella che mastro Bernardo, ringalluzzito del suo trionfo oratorio, si disponeva a meritarsene un altro, ricomparve il Maso sull'altana.
      - Padrone! - gridò egli ansimante - Venite giù subito!
      - Che c'è egli di nuovo? - dimandò stizzito l'ostiere.
      - C'è messer Giacomino che ha mestieri di voi.
      - Aspetti; or ora ci andrò.
      - Ha premura; - incalzò il ragazzo,
      - Se ne vada, allora; potevi dirgli che ci ho forastieri.
      - Se gliel ho detto! Ma egli vi vuole ad ogni costo.
      - Ha da essere un pezzo grosso, il vostro messer Giacomo! - notò il Picchiasodo. - Va dunque e vedi di contentarlo.
      - Oh, gli è un giovinotto, mezzo villano e mezzo soldato, che si crede dappiù di chi si sia, perchè il nostro Marchese lo vede di buon occhio; un superbioso, che va sempre col capo nelle nuvole, e qui non ha mai bevuto un bicchiere.
      - Ragione di più per scendere; vedrai che stavolta ti asciuga la cantina.
      - Del resto, - soggiunse messer Pietro. - oramai siamo satolli e si parte. Fa intanto stringer le cinghie ai cavalli.
      - Sarete serviti, magnifici messeri; e caverò fuori un fiaschetto di malvasia, che vien proprio da Candia, pel bicchier della staffa.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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