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      Dopo tutto, o che? dovevano presentarsi al castello a stomaco digiuno, come due pellegrini affamati?
      - Che uomini sono? - dimandò il Bardineto, per metter fine a quella intemerata dell'oste.
      - Non lo indovinate?
      - Eh, forse; due genovesi, dei soliti, che vengono qua, sotto colore d'ambasceria, per curiosare, scoprir terreno e macchinar tradimenti in casa nostra.
      - Che! - sclamò mastro Bernardo, facendo le cocche colle dita, - Più su sta monna Luna!
      - Come? e che altro hanno ad essere?
      - Due pezzi grossi, vi dico io. Cioè, no, dico male; uno grosso soltanto di corporatura, e gli ha da essere lo scudiere, o alcun che di somigliante; ma l'altro....
      - L'altro?
      - Eh, un uomo per la quale, che è aspettato dal Marchese e gli farà molto piacere il vederlo capitare al castello.
      - Non genovese? - ripicchiò il Bardineto, stringendosi nelle spalle.
      - Non genovese; piemontese.
      - Capitano di ventura?
      - Altro ci è; signore di terre e castella. Ma scusatemi, messer Giacomino; e' son qua che scendono le scale. -
      E senza aspettar altro, l'ostiere si mosse, per andare incontro a' suoi ospiti.
      IL Bardineto, rimasto solo in cucina, si accostò alla finestra, che dava sull'aia, ov'erano già i due cavalli, tenuti per le redini dal Maso, e vide poco stante i due forastieri che salivano in arcione.
      Uno, il più vecchio e il più tarchiato, gli parve per l'appunto uno scudiere, o un famiglio. L'altro, era un bell'uomo tra i trenta e i quaranta, biondo di capegli, dal volto un po' arsiccio, ma bianco di carnagione, di leggiadre fattezze e di nobilissimo aspetto.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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