- Che diamine! ci ha il fuoco alle calcagna. E perchè mo'? Quella notizia l'ha messo fuori dei gangheri. Egli forse.... cotto di madonna Nicolosina? Eh, non mi farebbe meraviglia; la donna è un certo guaio! Quando t'ha fatto perdere il lume degli occhi, non badi più se la è imperatrice o villana. Orvia, se la è così, un bel malanno l'ho fatto! Ma già, maledetta lingua! La Rosa me lo dice spesso, che non so tenermela a freno! E poi? che male c'è? Tanto e tanto s'aveva a sapere. Il Cascherano non è forse arrivato? E come l'avranno a battezzare, quando capiterà al castello e farà il su' inchino alla sposa? Andiamo, via; delle mie ragazzate, non è questa la peggio. -
Con questo po' di sollievo, mastro Bernardo si ritirò nella sua tenda, dove noi lo lasceremo ad aspettare gli avventori quotidiani, men nobili o meno degni della nostra attenzione.
Il Bardineto, con quel passo che ho detto, s'era avviato verso il Borgo. Giunto alla porta di san Biagio, varcò il ponte levatoio gittato sul torrente dell'Aquila, ed entrò sotto l'androne, dov'era scolpito in marmo il carretto, tirato da due leoni aggiogati, con suvvi lo scudo listato a fascie diagonali d'argento in campo rosso.
Per la prima volta, guardando quella insegna de' suoi signori, l'occhiata fu torva. Egli per fermo non se ne addiede, non n'ebbe coscienza; ma fu torva la sua guardatura, piena di stizza, se non forse di mal talento e di rabbia.
Ah! diceva quell'occhiata; sposa Nicolosina ad un altro! Era forse quella la ricompensa che egli si riprometteva de' suoi fedeli servigi?
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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