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      Incrociò in quella vece le braccia sul petto; rispose con una crollata di spalle al Sangonetto che gli raccomandava di non far ragazzate e di pigliare dal consiglio d'un nemico quel che c'era di buono; indi, misurando ad una ad una le frasi, che gli uscivan sibilando dalle labbra contratte, così rimbeccò il suo avversario:
      - Non son villano, e le opere mie, in attesa di altre prove, potranno chiarircene largamente. Voi, a cavallo, messere, potete sbarattarci d'un salto e darvi alla fuga; lo vedo, e lo temo. Ma dove sarebbe allora la differenza tra voi, conte di Osasco, e il più vile de' vostri vassalli? e quale rimarrebbe la vostra fama agli occhi dalla donna che amate?
      - Conte di Osasco! - ripetè messer Pietro, voltandosi al Picchiasodo. - Ah, mi ricordo; - soggiunse a bassa voce, - lo sono, a quel che pare, e non posso disdirmi. -
      Indi, rivolto il discorso a Giacomo Pico, gli chiese, con quel suo piglio sarcastico:
      - E chi sei tu? Forse il duca Namo di Baviera, tornato tra i vivi? O forse Guerrino il Meschino, cercator d'avventure?
      - Rattenete la lingua, per utile vostro! - replicò il Bardineto, impallidendo dallo sdegno. - Son tale che ha diritto sopra un tesoro, e non consentirà che altri glielo rubi. Son tale che desidera di vedere alla prova se la vostra spada è degna della vostra arroganza.
      - Per san Giorgio, gli è questo un audace linguaggio, - disse a lui di rimando quell'altro, - e per la prima volta ch'io l'odo, mi piace.
      - Vi piaccia, o no, gli è il mio, e lo udrete più d'una volta al Finaro, se vi piglierà il ruzzo di tornarci.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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