- Che fortuna per l'osteria dell'Altino! - ripigliò mastro Bernardo, che non aveva posto mente alle ultime parole del Picchiasodo, profferite a voce più bassa. - E dite, magnifici messeri; poichè il numero è cresciuto, s'ha egli da metter due polli allo spiedo?
- Ah, ci vuol altro che spiedo! Or ora vedrai; - -gridò il Picchiasodo con aria beffarda. - Per un bicchiere di vino, intanto, non si dice di no. Almeno.... - soggiunse dopo essersi guardato dattorno e aver veduto le facce rannuvolate de' suoi compagni, - io lo bevo, e posso fare anche la parte degli altri.
- Vado subito; - disse l'ostiere; - e sarà di quel tale, ve lo prometto.
- Sta bene, e non mi tradire! - aggiunse burlescamente il Picchiasodo. - Porta il fiasco incignato, che già sappiamo che cos'è, e non avrà avuto tempo A pigliare lo spunto. -
Mastro Bernardo, tutto nella sua beva, entrò in casa, senza aver capito nulla di quell'improvviso ritorno, nè pigliato sospetto dalla presenta del Bardineto, che due ore innanzi era andato via così in furia.
Più accorto di lui a gran pezza, il Maso aveva odorato l'aria, e aspettandosi qualcosa di grosso, stava là rincantucciato in mezzo ai cavalli, con tanto d'occhi a guardare la scena.
- Or dunque, a noi! - sclamò messer Pietro, poichè i quattro arrivati furono soli sull'aia.
E così dicendo, si tolse di dosso la sua cappa di scarlatto verde, foderata di vaio, e la gittò sulla sella del suo palafreno.
Giacomo Pico, a sua volta, si tolse la cappa di bigello, e rimase, come il suo avversario, in farsetto.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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