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      Messer Pietro gli troncò il filo dell'invettiva. Ed era tempo; chè Giacomo Pico faceva già l'atto di correre colla spada addosso all'ostiere.
      - Orsù, smetti, alla croce di Dio, - gridò messer Pietro, - e lasciaci aggiustare le nostre faccende come ci aggrada. -
      A quelle parole di messer Pietro, l'ostiere chinò la fronte raumiliato.
      - Magnifico signor conte.... - diss'egli; - voi lo volete; obbedisco. Quanto a voi.... -
      E qui mastro Bernardo, che avea rivolta l'apostrofe al Bardineto, fece un gesto di minaccia, che doveva mostrare a Giacomo Pico com'egli, mastro Bernardo, non fosse per menargli buona così presto la sua pazza sfuriata.
      Il Picchiasodo finì di chetarlo.
      - Alla tua salute, degnissimo ostiere! Ma bevi anche tu; questo è contro la rabbia.
      - Alla salute del signor conte! - rispose mastro Bernardo, alzando il bicchiere, che gli avea messo in mano il vecchio soldato.
      E bevve, per contentarlo, ma guardando tuttavia a squarciasacco il Bardineto, che più non si curava di lui, intento com'era ad impegnare la zuffa.
      Giacomo Pico era agile e destro. Il furore ond'era tutto invasato gli raddoppiava le forze. La sua lunga spada milanese balenava in alto e ruotava, scendeva a rovina sulla spada dell'avversario, si ritraeva veloce e tornava più veloce ancora all'assalto, cercando la via fino al petto di messer Pietro e non trovandola mai. Il suo nemico, immobile, sereno, quasi scherzevole, lo teneva a bada con fine artificio. I movimenti del suo ferro erano così scarsi e misurati ad un tempo, da lasciar credere ad uno spettatore inesperto che egli non facesse davvero.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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