Questi che troppo si era logorato le forze nei molteplici assalti, perdette il tempo, e giunse alla parata che già la punta nemica lo avea colto al sommo del petto.
La spada aveva forato il farsetto di cordovano come fosse di tela, e tornando rapida indietro aveva aperto la via ad uno spruzzo di sangue. Balenò un tratto il ferito, agitò con moto convulso le braccia, e mugghiando ferocemente stramazzò sul battuto.
Il Picchiasodo, com'era stato il primo ad avvedersi del colpo, così fu il primo ad accorrere verso il ferito.
Egli da tergo e il Sangonetto da piedi, lo sollevarono riguardosamente da terra e lo adagiarono sopra una panca, che in fretta aveva tirato innanzi mastro Bernardo.
- Ah, povero il mio Giacomo! - sclamò il Sangonetto, notando il pallore che di repente invadeva la fronte e le guancie del Bardineto. - Egli è morto!
- Eh, non tanta fretta a cantargli il deprofundis! - gridò il Picchiasodo. - Scusate, veh, messere dell'archibugio; io penso che voi non ne abbiate mai visto, de' morti.
- Sono stato alla guerra anch'io; - rispose il Sangonetto, mettendosi in gota contegna; - e la mia parte....
- Sia pure; - interruppe il Picchiasodo; - voi dunque capirete che, per sincerarsi della morte di un uomo, bisogna dargli la prova. Ohè, mastro Bernardo, qua il vino!
- Eccolo, messere!, - disse l'oste, raccattando sollecitamente il fiasco e un bicchiere da terra.
Il Picchiasodo prese il fiasco, e versò gravemente nel bicchiere quattro dita di malvasia.
- Da bravo, a voi; - disse poscia al Sangonetto, che sorreggeva il ferito; - sollevatelo un pochino, e mettetegli la mano sulla ferita, che non versi altro sangue; mastro Bernardo porterà un pannilino inzuppato d'acqua, d'aceto, di quel diavolo che vorrà. -
| |
Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
|
|
Picchiasodo Sangonetto Bernardo Giacomo Sangonetto Bardineto Picchiasodo Sangonetto Picchiasodo Bernardo Picchiasodo Sangonetto Bernardo
|