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      Messer Pietro Fregoso, come uomo che delle grandezze umane s'intendeva la sua parte, guardava ammirato quel forte e insieme leggiadro edifizio. Il Picchiasodo non ci vedeva tante bellezze e dava in quella vece la sua guardata alle balze circostanti, per vedere se ci fossero strade, e come disposte. Le strade, si sa, erano il suo grattacapo, e di queste delizie n'avrebbe volute in ogni luogo e per ogni verso, come pur troppo occorre solamente delle molestie, in questo mondo gramo.
      Varcato il ponte levatoio, entrarono sotto l'androne, e, mentre il capitano degli arcieri andava a dar notizia del loro arrivo al marchese, erano fatti scender di sella per riposarsi in una sala terrena, dove si diè loro acqua alle mani e rinfresco. Accettarono l'acqua e l'aiuto dei famigli, per scuoter di dosso la polvere, ricusando tutto l'altro che venia loro profferte; e immagini il lettore con quanto sacrifizio e merito di Anselmo Campora, che non avrebbe sgradito di paragonare la cantina del marchese con quella di mastro Bernardo.
      Poco stante, apparve sull'uscio un donzello a disse loro:
      - Venite, messeri; il magnifico marchese è pronto a ricevervi. - ,
      Lo seguirono tosto, e, fatta una breve scala, furono introdotti in un ampio salone, che appariva situato nel mezzo del castello, poichè prendeva luce da una parte e dall'altra, pel vano di larghe ed alte finestre, partite a colonnini e chiuse da intelaiature di legno e vetri sigillati col piombo, a mo' di losanghe, come portava la foggia del tempo. Una numerosa e orrevol brigata era accolta colà; molti servitori e donzelli sui lati; nel mezzo un crocchio di gentiluomini; seduto a uno scrittoio il vecchio cancelliere della corte; tutti, poi, ordinati in guisa da far corona ad un seggio rilevato, su cui stava, nobilmente composto, il marchese del Finaro.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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