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      Tre di questi ingegni poderosi furono adunque tirati avanti, per comando del capitano generale, e il buon mastro dei bombardieri li fece collocare di fronte al castello. Altri ne furono piantati lì presso, ma di minor mole, detti cerbottane e falconi, e la mattina del 10 di gennaio incominciò la serenata, come il Picchiasodo la chiamava, in quel suo stile faceto che i miei lettori conoscono.
      Dominava il concerto la signora Ninetta, che ad ogni colpo gettava un sasso di cinquecento libbre. Il suo primo saluto andò a dirittura a cascare dentro il castello, come impromessa di altri, non meno aggiustati ed efficaci, che dovevano uscire dalla sua bocca d'oro.
      E questi non si fecero molto aspettare. Anselmo Campora (ho già detto che il cavalier servente della signora era lui in persona) levò una zeppa di legno di sotto alla gola della, bombarda, le abbassò il mento d'altrettanto spazio, le fece posar tra le labbra una di quelle giuggiole che ho detto di sopra, tolse l'uncino rovente dal braciere, l'accostò al focone, e tonfete, mandò il secondo saluto al castello. La palla imbroccò il parapetto e, rotolando giù dalla cortina, si trasse dietro una rovina di pietre. Un lembo di parapetto, colle sue caditoie, era spiccato dal sommo delle mura.
      Intanto che questo accadeva sotto Castelfranco, il Vecchia da Lodi, co' suoi cinquecento fanti e una ventina di cerbottane, portate dagli scoppiettieri in ispalla e munite d'un piede da porle in terra quando occorresse di trarre, s'inoltrò dalla Marina fino ai prati dell'Altino, che sono a mezza via tra il Borgo e la spiaggia del mare.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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