Rise, a farla più spiccia; e in verità, a quelle parole, e dette a quel modo, non potea dicevolmente far altro che ridere.
Lo scoppio, dopo tutto, fu breve, come si conveniva a costumata fanciulla, e si tramutò in un sorriso benevolo, come portava la gentilezza dell'indole sua, e come richiedeva quell'aria malinconica, ond'era impresso il volto del giovane forastiero.
- Sì, diffatti. - rispose ella, chetandosi, - mi chiamo Nicolosina del Carretto. E in che poss'io tornarvi utile, messere?
- Ah, basta, se forse non ho detto già troppo; - ripigliò il cavaliere arrossendo. - Grazie, madonna; grazie! A me non resta che di andare da vostro padre, dal magnifico marchese del Finaro.
- Egli non è qui, ora; - soggiunse Nicolosina; - ma poco indugierà a ritornare. Siate il benvenuto tra noi. Nella gran sala troverete alcuno dei gentiluomini della sua corte, che vi farà compagnia. -
Così dicendo, gli additava la porta dond'ella era uscita pur dianzi.
Ma il giovine non si muoveva. Si sarebbe detto, a vederlo, che il pavimento sotto di lui fosse tutto una pania. Senonchè, a guardare madonna Nicolosina o que' suoi occhi divini, si capiva subito che la pania non era per terra e che egli non era invescato dai piedi.
Il dialogo, per altro era lì lì sulle ventitrè ore, e di certo moriva, se non giungeva un terzo interlocutore in aiuto. Era questi il Picchiasodo, ma da lontano, con un colpo di bombarda, che fece tremare, nella loro intelaiatura di piombo, i vetri onde pigliava luce la scala. Traeva egli dal poggio di Maria contro le mura e le torri del borgo sottostante.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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