- Non temere; - soggiunse Pico. - Vedrai!
- Già, non vedrò niente, io! - ripigliò Il Sangonetto. - Sono ambasciatore, non uomo d'armi, e le scale a piuoli mi darebbero il capogiro. Ho preso il tuo posto; non te ne lagnare. Io non sono ambizioso; finita, bene o male, la guerra, torno ciliegia e tu sarai da capo il fico dell'orto.
- Ah sì! - sclamò il Bardineto, digrignando i denti. - Se tu aspetti ch'io serva ancora questa razza d'ingrati!... -
Mentre egli così parlava, Nicolosina aveva tratto in disparte suo padre e gli venìa favellando, con aria d'affettuosa preghiera.
- Capisco; - rispose Galeotto ridendo; - tu non vuoi che il tuo leggiadro sposo, appena giunto tra noi, vada a correre il rischio d'una piombatura sul capo. E sia, lo pregherò; ma vorrà egli accettare?
- Se tu glielo domandi, padre mio, perchè no? Non è egli uffizio ragguardevole, e non l'hai tu fin qui lasciato, certo per mancanza di uomini da ciò, a men degne persone?
- Per san Giorgio, figliuola mia, questo è un biasimo che mi date. E invero, l'ho anche un po' meritato! - soggiunse Galeotto, accarezzando con tenerezza paterna i biondi capegli di madonna Nicolosina.
E voltosi poscia al Cascherano, gli disse:
- Cavaliere, tra pochi momenti si parte. Ma se io ora vi chiedessi un sacrifizio?
- Quale? - dimandò ansiosamente il Cascherano.
- Ho mestieri di un prode cavaliero, - soggiunse il marchese, - che corra speditamente infino ad Asti, e con eloquente parola induca il balìvo di Tresnay a venire colle sue genti in aiuto del Finaro, come mi fu promesso dal buon re Carlo di Francia e ancora testè dall'illustrissimo signor duca di Orleans, giunto a mala pena di qua dalle Alpi.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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