Pagina (170/304)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il Calvisio, non potendo altro, s'impadronì d'una galeotta che que' del Borghetto tenevano ormeggiata alla riva, e preso il largo, avvistò otto feluche genovesi, le quali portavano vettovaglie all'esercito. Qui, senza darsi un carico al mondo della galèa nimica che incrociava su que' paraggi e che doveva essere in quel mentre nelle acque d'Albenga, navigò incontro ai nuovi venuti, e, fingendosi mandato dal sopracòmito della anzidetta galèa, li condusse a pigliar terra dov'egli voleva; così impossessandosi delle vettovaglie destinate al nemico e introducendole, per la via di Verezzi, nel Borgo Della qual cosa non è a dire come gli fosse grato e gli dèsse lode il marchese Galeotto, prode tanto egli stesso e largo di encomio coi prodi.
      Ora, innanzi di seguire quest'ultimo, vediamo Giacomo Pico che quel cicalone di Tommaso Sangonetto s'ingegna di consolare a modo suo dei rigori della sorte.
      - Così è, Giacomo mio, siamo vassalli e bisogna recarsela in pace. Son essi i padroni, noi gli umilissimi arnesi. Serviamo al caso loro? Ci adoprano e ci hanno anche talvolta per la man di Dio, nel più forte delle loro necessità. Non serviamo più a nulla? Ci buttano in disparte, o si ricordano di noi, com'io delle prime calze che ho smesso. Che forse c'è mestieri di gratitudine(10) con noi? Che importa a lui del tuo valore, a lei dello tue smanie amorose? Egli è il tuo signore, intendi uccel di rapina; ed è suo, tutto suo, quanto egli vede dall'alto di questa rupe allo intorno; ella, poi, nasce dal padre; uccel di rapina anche lei, e uno spicchio di cuore sanguinolento è il pasto più gradito a questa cara aquilina.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





Calvisio Borghetto Albenga Verezzi Borgo Della Galeotto Giacomo Pico Tommaso Sangonetto Giacomo Dio