- Hai udito ogni cosa? - le disse. - Hai dunque udito che siamo i loro servi, i loro trastulli? Questi orgogliosi e malvagi signori, li conosci ora anche tu? -
- Oh, Giacomo! che dite voi mai!.... - gridò sbigottita la poveretta.
- Dico che tali son essi, e che altri dobbiamo esser noi da quelli di prima, per loro; - ripigliò Giacomo, infiammato di sdegno; - dico che bisogna odiarli.... e amarci tra noi; - soggiunse sottovoce e quasi bisbigliandole la frase all'orecchio.
Alle inattese parole e al soffio infuocato delle labbra di Giacomo, la Gilda trasaltò e volse su lui uno sguardo smarrito.
- Amarci tra noi, sì! - ripetè il Bardineto. - Non siamo noi quanto loro? In che sei tu men bella di lei? E in che son io da meno di uno sposo che ella conosce a mala pena per nome? Io e tu, fanciulla, siam nati in umile stato; è questa l'unica differenza tra essi e noi. Ma chi furono i loro antenati? E non potrebbe nascere da noi una stirpe più nobile della loro e più generosa a gran pezza? Abbiamo dunque, noi pure gli stessi diritti sulle gioie dell'esistenza; dobbiamo e vogliamo liberarci da questa infame servitù, essere, come ci sentiamo, uguali a costoro.
- Ah, messer Giacomo, - esclamò ella sbigottita, - voi parlate come Tommaso Sangonetto. -
- Che ti ama! - notò il Bardineto con accento sarcastico.
- Sì, - rispose ella prontamente, - ma non quanto io lo detesto. -
- Fai bene, sai! - disse Giacomo, carezzandone accortamente i pensieri, mentre la traeva dolcemente a sè, per ravviarle i capegli sulle tempie.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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