Narrano di una zuffa che avvenne sopra l'ospedale di San Biagio, proprio daccanto alle mura del Borgo, delle prodezze che vi operò Giovanni Sanseverino e di quelle d'un cavalier francese che sostenne da solo l'impeto di cinque nemici; uno ne uccise, gli altri ferì, ed egli poi appiedato ebbe tronche le gambe da un colpo di colubrina. Aggiungono che i genovesi, nel fare un'altra bastita, dovettero per un giorno intiero far fronte ai ripetuti assalti della gente assediata, e in quella occasione Gianni Fontaine, detto l'Abate, ebbe il fratello malamente ferito e sepolto ancor vivo dai genovesi; la qual cosa proverebbe invero una fretta soverchia e niente affatto lodevole, ma altresì la buona intenzione dei genovesi e il costume che avevano di rendere gli estremi onori ai caduti.
Raccontano.... Insomma, io non mi fermerò a pigliar nota di tutto. Metterò in sodo che si pugnò lungamente e valorosamente da ambe le parti; cosa che torna ad onore del buon nome italiano, dappoichè finarini e genovesi, monferrini, lombardi, napoletani e quant'altri combattevano, alleati, o assoldati, nei due campi del Finaro e di Genova, erano tutti figliuoli d'una medesima patria.
E l'assedio intanto durava; nè ciò solamente per la singolare asprezza dei luoghi e per la inaudita tenacità della difesa, ma eziandio per la instabilità degli uomini nell'esercito genovese. Ho già detto come si usasse allora far gente e come il nerbo dell'esercito posto sotto il comando di Pietro Fregoso si componesse di forze comandate, tutte con poca e varia durata di servizio; di guisa che, spirato il termine fino a cui una data compagnia era obbligata a rimanere sotto le insegne, questa si ritirava dal campo, foss'anco alla vigilia d'una pugna.
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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