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      Non così i fanti che andavano con esso loro, i quali nella improvvisa ritirata erano rimasti più indietro, facilmente avviluppati e travolti nella mischia.
      Il Maso, tra gli altri, perduto di vista il capitano, era stato pigliato in mezzo da un manipolo di nemici. Ben s'era adoperato colle mani e co' piedi; uno avea morto e un altro ferito; ma sopraffatto dal numero, non aveva potuto far altro. E si divincolava in quelle strette, si scontorceva e smaniava, ma invano; due maledetti diavoli lo avevano abbrancato, e non c'era verso, bisognava andare con essi.
      - Che! non si scappa! - gli gridava un di costoro, che lo aveva agguantato pel collo e gli faceva sentire il ginocchio nelle reni. - Tu se' capitato nelle granfie del Tanaglino e puoi metter l'animo in pace. A te, Vernazza; due giri di corda e legami questo ribaldo. -
      Il soldato, che rispondeva al nome di Vernazza, si cavò di sotto il farsetto la corda di ricambio della balestra e l'avvolse prontamente, senza tanti riguardi, intorno ai polsi del Maso, che si trovò per tal guisa ammanettato come un ladro in mezzo ai sergenti della giustizia.
      - E adesso, vira di bordo! - gli gridò il Tanaglino, accompagnando l'ordine con un colpo d'aiuto, che al Maso fece tornare in memoria le carezze di mastro Bernardo.
      Obbedì, e, come volle il Tanaglino, prese la strada dell'Argentara, a passo giusto da prima, indi man mano più frettoloso, perchè i balestrieri lo spingeano da tergo, incalzati com'erano d'improvviso dalle schiere di riscossa condotte innanzi dal marchese Galeotto.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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