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      Allorquando udì della caduta di Giacomo Pico in balìa de' nemici, mastro Bernardo, che la vedeva in cotesto come il suo antico ragazzo d'osteria, perdette proprio il lume degli occhi.
      - Ah, l'avrei giurato! - gridò, serrando rabbiosamente le pugna. - Io l'ho conosciuto da bel principio, quel villano rifatto! Serpicina riscaldata, per amor di Dio, in seno ai nostri signori! Ed ecco ora com'ei li rimerita!
      - Oh, per questo, non dubitate; - disse il Maso a lui di rimando. - E potrebbe darsi ancora che il Bardineto avesse fatto male i suoi conti. Io me ne vo difilato da messere Antonello e gli spiffero ogni cosa.
      Mastro Bernardo rimase un tratto sovra pensiero.
      - No, no, - rispose egli poscia, - non lo fare! Chi è, dopo tutto, questo messere Antonello? Un buon capitano, dicono; ma che altre imprese ha egli fatto finora? Un giorno, te ne ricordi? se non ci mettevano mano le nostre donne, e' si faceva pigliar prigioniero insieme col cugino del nostro marchese, col magnifico Spinetta del Carretto. Quell'uomo non mi quadra, affediddio, non mi quadra! Viene dall'esercito genovese, ch'egli ha abbandonato per una differenza di pochi fiorini; e chi ti dice ora?... No, no, ragazzo mio; fidarsi è bene e non fidarsi è meglio. Già, vedi, se qui tradiscono i finarini, saranno più saldi i forastieri?
      - Ma... e come fareste voi? - disse il Maso perplesso.
      - Io? Me ne andrei diritto diritto a parlare col marchese. Capisco, tu non ci hai dimestichezza. Ma a questo c'è rimedio; ci vado io. Anzi, vedi, ci corro.


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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1875 pagine 304

   





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