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L'ancella si pentì di aver troppo parlato.
- Signora, perdonatemi! - ripigliò, giungendo le palme. - Ho io detto scoperto? Volevo domandare se si sospetta per avventura di lui. Sono una povera fanciulla; non so parlare a modo. Abbiate compassione, madonna. Io non ho che un presentimento di sventura; forse un'ubbìa di donnicciuola, come quella che mi avete detta poc'anzi. Ma ve ne supplico, mia dolce signora, non ridete de' miei timori; dormite questa notte nella mia camera... È un luogo più sicuro, e nessuno penserà ad andare là entro.
- C'è dunque qualcuno che può pensare a venir qua? - replicò madonna Nicolosina con accento di collera. - Ogni vostra parola vi tradisce; e sta bene. È forse nella vostra confusione un avvertimento del cielo. Mio padre non ha creduto alla vecchia di Savona; eppure, anche giudicandola pazza, non ha saputo vincere un senso di dubbio e di sgomento. Lasciatemi, Gilda; io vado da lui e dalla mia povera madre...
- Signora mia!
- Lasciatemi, vi dico! Già troppo male avete fatto a parlar così tardi. -
Così dicendo, respinse la Gilda che le si era aggrappata alle vesti, e andò verso l'uscio.
Ma, appunto in quel mentre, si udì nella sala del piano inferiore uno strepito, come di armi percosse. Madonna Nicolosina ristette, coll'orecchio teso e cogli occhi sbarrati dallo spavento. Non v'era più dubbio; ignoti assalitori aveano scalate le mura del castello, si spandeano per le sale.
La Gilda raccolse tutte le virtù dell'anima sua in uno sforzo supremo.
- Ah, non v'è più tempo, madonna!
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Castel Gavone
Storia del secolo 15.
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1875
pagine 304 |
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